sabato 15 luglio 2017

Noch einmal Aquanen, aber dieses Mal im Kanaltal


A Cura di Elisa Iuri

Da das Interesse für den Artikel ˶Credenzis e superstiziôns Aganis: a cunfin tra mît e realtât” von Simona Dri, der in zwei verschiedenen Teilen (6. Mai und 10. Juni) auf www.friauulij.blogspot.it veröffentlicht und von Gian Marco Sartôr Ubersetzt wurde, sehr groß war, möchten wir das Thema Mythen und Legenden vertiefen und hoffen, dass Sie daran Gefallen finden.

Das Thema bleibt die zauberhafte Figur der Aquane. Diese mythologischen Kreaturen sind hilfsbereit und gleichzeitig wild; sie sind Teil des Aberglaubens im Friaulischen Volk, sowie auch außerhalb der Region, wie uns ein Venezianisches Sprichwort sagt: ˶Te sighi come n’Anguana” (Ubersetzt, du schreist wie eine Aquana). Ob man von Aquanen, Anguanen, Aganen, Aguanen, Ganen, Aivanen, Valdanen, Vanen oder Vivianen spricht, es handelt sich immer um die selben Figuren. Sie können zum Teil mit Nymphen wie Oreaden, typisch für die Bergregionen, Driaden, in Bäumen wohnhaften Waldköniginnen oder Naiaden, die sich ähnlich wie die Sirenen in den Süßwasserquellen baden verglichen werden. Sie ähneln auch den klassischen Gottheiten Diana und Artemides. Sogar die Keltischen Adganaen und die Venezianischen Longanen zeigen die selben Charakteristika auf: Faszinierende und mysteriöse Kreaturen, manchmal gutartig, manchmal bösartig (die Schlimmsten scheinen die Krivopeten zu sein, welche dem Volksglauben nach im Grenzgebiet zu Slowenien gesichtet wurden). Sie leben in kompletter Symbiose mit der Umgebung: Man sagt, sie währen sowie bei den Quellen im Hochgebirge, als auch in Höhlen, Wäldern, Bächen und in der Ebene aufgetaucht.

Es existieren Unmengen von Geschichten in verschiedenen Varianten über diese Kreaturen, denen auch gegenteilige Merkmale angedeiht werden. Während im unteren Friaul die Aganis, so werden Aquanen dort genannt, als äußerst bösartig beschrieben werden (Kindsräuber und eifersüchtige Unheilbringer für Schwangere), wie der vorher zitierte Artikel andeutet, so ändert sich die Ansicht in Karnien grundlegend.
Beispielhaft ist die Legende im Kanaltal, die die Figur der Aquane fast mütterlich beschreibt.
Man erzählt von einer Frau, Mutter von vielen Kindern. Sie zeigte sich immer ruhig, offen und bereit dem Nächsten zu helfen, obwohl sie selbst Schwierigkeiten hatte, ihre Kinder zu ernähren. Eines Tages half sie am Ufer eines Baches einem eigenartigen Wesen bei der Entbindung. Sie fragte sich nicht, wer dieses Wesen sei, obwohl es an einen Salamander erinnerte. Für sie war das einzig Wichtige, dass es sich um eine Kreatur in Not handelte. Nach der Geburt stellte sich heraus, es war eine Aquane. Zum Dank schenkte sie ihrer Retterin einen Zauberwollknäuel, deren Faden niemals enden sollte. Von diesem Moment an strickte die Frau und hatte somit keine Probleme mehr ihre Kinder zu unterhalten.
Man erzählt sich, dass der Wollknäuel von Hand zu Hand und von Generation zu Generation weitervererbt wurde. Außerdem sagt man, dass er sich auch heute noch irgendwo im Kanaltal befinde und dass dessen Besitz als ein Symbol für ehrliche Hilfsbereitschaft angesehen werde. Die Legende kann auch anders interpretiert werden: Der Wollknäuel ist das Territorium, das Kanaltal und seine Berge. Er ist ein Schatz der genutzt und nicht benutzt werden soll, der gelebt, geliebt und für die kommenden Generationen gehütet werden soll.



Ancora Aquane, ma questa volta in Val Canale

Dato lo spiccato interesse per l’articolo “Credenzis e superstiziôns Aganis: a cunfin tra mît e realtât” di Simona Dri, pubblicato in due parti il 6 maggio e il 10 giugno su www.friauulij.blogspot.it e tradotto da Gian Marco Sartôr, ci si auspica che un approfondimento in ambito di miti e leggende locali sia ancora una volta di gradimento su questo blog.

La tematica in questione rimane la magica figura delle Aquane; queste creature mitologiche, caritatevoli e selvagge allo stesso tempo, fanno parte del substrato mistico delle credenze popolari friulane e non solo, come attesta il detto veneto: ”Te sighi come n’Anguana” (tradotto, urli come un’Aquana). Che si parli di Aquane, Anguane, Agane, Aguane, Gane, Aivane, Valdane, Vane o Viviane, si tratta sempre delle stesse figure, le quali possono essere in parte comparate a ninfe come le Oreadi, tipiche delle zone montane, le Driadi, regine dei boschi che dimorano negli alberi, le Naiadi, che si lavano nelle sorgenti di acqua dolce similmente alle sirene e alle divinità classiche di Diana e Artemide. Persino le Adganae celtiche e le Longane veneziane presentano le medesime caratteristiche: creature colme di fascino e mistero, talvolta descritte come benevole ma altrettante come maligne (le peggiori sembrano essere le Krivopete, avvistate secondo credenze nelle zone limitrofe alla Slovenia, in diverse parti della Regione). Vivono in completa simbiosi con l’ambiente che le circonda, qualunque sia la natura di quest’ultimo: si dice siano state viste a partire dalle sorgenti di alta montagna e nelle grotte, per passare ai boschi e ancora ai ruscelli e alle risorgive nelle zone pianeggianti.

Esistono un’infinità di miti e tante più varianti su queste creature, alle quali vengono attribuite caratteristiche anche diametralmente opposte. Se nella Bassa friulana le Aganis, termine utilizzato in loco, sono prevalentemente maligne, definite “ladre di bimbi” e invidiose potatrici di maloccio nei confronti di donne incinte, come afferma l’articolo citato in precedenza, in Carnia la questione muta completamente.
Esemplare una celebre leggenda della Val Canale, che dipinge con toni quasi materni la figura dell’Aquana.
Si narra di una donna, madre di molti figli. Si mostrava sempre calma, aperta e disponibile ad aiutare il prossimo, nonostante avesse difficoltà a mantenere la propria prole. Un giorno, sulla sponda di un ruscello, aiutò uno strano essere a partorire. Non si era chiesta chi o cosa fosse, sebbene non poteva non aver notato quell’aspetto che ricordava tanto quello di una salamandra. Per lei contava solo che fosse una creatura in difficoltà che aveva bisogno di aiuto. Dopo al parto, l’essere si rivelò: era un’Aquana. Per ringraziarla, l’Aquana regalò alla sua salvatrice una matassa di lana fatata, il cui filo non finiva mai. Da quel momento in poi la madre, lavorando la lana, non ebbe più problemi nel mantenimento dei propri figli e si racconta che la matassa passò di mano in mano, di generazione in generazione.
Si dice che ancora oggi qualcuno in Val Canale la possieda e che continuerà ad essere tramandata, come simbolo dell’aiuto sincero e gratuito, senza secondi fini nei confronti del prossimo. Alla leggenda può essere data anche un’altra interpretazione: la matassa è il territorio, è la Val Canale, sono le sue montagne. È una risorsa che va usata ma non sciupata e quindi esaurita, che va vissuta, amata per poterla tramandare alle generazioni future.

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